Johnson Righeira: “A 20 anni ero vergine, malinconico e avevo paura di tutto. Il mio sogno? Non fare un ca**o”

“L’estate sta finendo e un anno se ne va, sto diventando grande lo sai che non mi va.”
Sono passati 40 anni da quando queste parole, tratte da L’estate sta finendo dei Righeira, sono diventate un inno generazionale e uno dei tormentoni estivi più iconici della musica italiana. Il brano, uscito nel 1985, raggiunse subito il primo posto in classifica e vinse anche il Festivalbar di quell’anno. Oggi, nel 2025, Johnson Righeira celebra l’anniversario pubblicando un nuovo singolo provocatorio: Chi troppo lavora (non fa l’amore), realizzato insieme ad Albi e Carota de Lo Stato Sociale, Edo Castroni e lo stesso Johnson.
“È un inno al mio sogno: non lavorare”
Il titolo del nuovo brano non ha nulla a che vedere con la celebre canzone di Celentano Chi non lavora non fa l’amore:
“È solo un gioco di parole”, spiega Johnson. “La canzone nasce da quello che è sempre stato il mio sogno: non fare un ca**o. E credo di esserci riuscito, più o meno. Ho fatto un lavoro che per me non è mai stato un vero lavoro, quindi è come non aver lavorato. Il pezzo di Celentano rifletteva le tensioni sociali degli anni ’70. Il mio, invece, è un invito a lavorare meno, lavorare tutti, guadagnare il giusto e avere più tempo: tempo per sé, per vivere e, sì, anche per fare l’amore.”
Il segreto di un successo lungo 40 anni?
“Se conoscessi la formula per scrivere un successo che dura quarant’anni, lo rifarei ogni due o tre anni. Ma la verità è che non esiste un segreto. Non lo so nemmeno io come è successo.”
Com’è nata L’estate sta finendo
“L’ho scritta io, almeno la parte principale, quella che parla della fine dell’estate e del tempo che passa. Le strofe sono il vero ritornello. Mi ispiravo agli anni ’60, a quei giri armonici classici.”
“Ero vergine, malinconico e pieno di paure”
“Non avevo ancora vent’anni, non avevo mai fatto l’amore, ed ero profondamente malinconico. Sembro un tipo sopra le righe, ma in realtà sono sempre stato molto riflessivo. Avevo paura di crescere, delle responsabilità, e poi ero pure ripetente, quindi ancora a scuola. La fine dell’estate significava la fine della libertà e l’inizio di un nuovo anno scolastico… Non avevo mai avuto una vera storia d’amore, ma già mi immaginavo relazioni che finivano male. Non è un caso che oggi sia ancora single.”
Una frase legata a un ricordo
“È tempo che i gabbiani arrivino in città nasce da un momento preciso. Stavo andando in centro a Torino, passando sul ponte della Dora Riparia. All’epoca i gabbiani in città erano rari, non come oggi. Quell’immagine mi colpì e la trasformai in un verso.”
“I tormentoni? Ora li fanno con gli algoritmi”
“Sì, sono tornato anche per questo. Ho visto che oggi i tormentoni li fanno con l’intelligenza artificiale e gli algoritmi. Così ho pensato: mettiamoci un po’ di cuore. Con Albi, Carota e Edo Castroni abbiamo creato qualcosa che ha ancora un’anima. Speriamo che le radio ce lo passino!”
“Canzoni estive tutto l’anno? Sì, ma mancano emozioni vere”
“Oggi escono canzoni estive in qualsiasi stagione. È tutto un po’ finto. La soglia d’attenzione è bassissima, colpa dei social e dei telefoni. Una volta ti compravi un disco e lo ascoltavi dieci volte di fila. Bisogna tornare a una musica più spontanea. Anche il pop può e deve esprimere sentimenti.”